mercoledì 29 settembre 2010

La Mennulara di Simonetta Agnello Hornby

Simonetta Agnello Hornby,
La mennulara,
Feltrinelli Editore, 2002
Non so dirvi quali aspettative avessi riguardo a questo libro, forse ero incuriosita dalla promessa di una storia della Sicilia degli anni '60 del Novecento.
Sono un po' in difficoltà a parlarvi oggi di questo libro.

Il libro racconta le vicende, di una cittadina chiamata Roccacolomba, scatenate dalla morte della Mennulara al secolo Maria Rosaria Inzerillo, domestica della famiglia Alfallipe.
Ok, la trama è molto più succulenta di queste mie poche righe, ma davvero è un peccato rovinarvi la lettura del libro raccontandovi altro. Già la quarta di copertina, a mio avviso, dice fin troppo e crea nel lettore delle aspettative fuorvianti, ad esempio rispetto alla questione mafia. Ma non voglio dire di più.

Lo stile del libro è investigativo-poliziesco, pur non essendoci nessuno che indaga. Il lettore si trova di fronte alle varie "versioni", i vari punti di vista dei cittadini del paese. Essi si raccontano quello che sanno della Mennulara e delle sue vicende.
Chi era davvero la Mennulara? Era donna ricca o povera? Donna fedele alla famiglia Alfallipe o una ladra? Donna di malaffare o donna di sani principi? Queste domande vi accompagneranno per buona parte della lettura.

Nonostante il libro in sé sia molto bello, appassionante, ci sono state delle scelte dell'autrice che non ho capito e neanche apprezzato. 

Il libro sembra diviso in due parti. 
Nella prima parte il lettore è frustrato da questa ricerca di risposte alle sue domande. Non amo molto i libri che non portano da nessuna parte e a questo punto ero quasi sicura che l'autrice non mi avrebbe detto nulla del personaggio, che la verità l'avrei dovuta dedurre io. Qui il libro è molto schematico e...studiato. La costruzione dei paragrafi, il susseguirsi della storia sono impeccabili ma...frustranti.
Si, non ho altri termini per definire la prima parte: frustrante, come una madre che priva il figlio del cibo.

Nella seconda parte del libro (ricordo che la mia divisione è fittizia, il libro non presenta una prima parte e una seconda parte) l'autrice cambia, comincia a coccolare il suo lettore e a svelare dettagli più piccanti sulla vita della Mennulara. Piano piano tutte le nostre domande hanno una risposta...fin troppo!!
Non sono facile da accontentare lo so. Non mi piace non avere la mimina informazione dall'autore, ma vorrei anche poter chiudere il libro e continuare a sommare da sola le informazioni che mi ha dato. Niente, qui l'autrice spiega per filo e per segno quello che è avvenuto in quegli anni. Certo, anch'io ho letto tutto d'un fiato, anch'io volevo sapere...ma proprio tutto tutto...magari no.
In questa parte del libro definirei l'autrice come una mamma che culla il suo bimbo. 
L'autrice di prende per mano e ti mostra i fatti.

Nonostante tutto, anche se scontenta, avevo fatto pace con l'autrice, mi ero rasserenata e la frustrazione mi aveva abbandonata. Fino a quando sono arrivata alla penultima pagina del libro prima dell'epilogo:

Padre Arena lasciò Palazzo Fatta nel pomeriggio e se ne andò dritto dritto a casa Mendicò, prima di prendere la corriera per tornarsene in campagna. Il dottore stava leggendo il giornale, seduto in salotto con la sorella.
"Devo soltanto darle una risposta breve, dottore," disse padre Arena, rifiutando l'invito a sedersi con loro per un caffè, "lei il mese scorso mi ha fatto una domanda difficile, a cui non ho saputo rispondere. Ora lo so, la risposta è sì."

Sgomento!! Dato che la storia si evolve in un mese, la domanda è stata fatta all'inizio del libro. E secondo l'autrice io dovrei ricordarmela? Ecco, questo mi è sembrato un tiro mancino verso il lettore. No, non ce lo meritiamo!! Ho provato a scorrere i primi capitoli alla ricerca della domanda, ma nervosa non l'ho trovata e a questo punto non voglio più cercarla.
Questo libro mi ha lasciato l'amaro in bocca, l'autrice mi ha lasciato l'amaro in bocca.

Per il resto cosa dire?
Mi ha fatto sorridere la scelta del nome del paese: Roccacolomba. In Sicilia esiste un paese di nome Roccapalumba (in dialetto Roccapalumma). Il termine "palumma" corrisponde all'italianizzato "colomba" per intendere i piccioni.

Per quanto riguarda la storia di cui veniamo a conoscenza, mi auguro che i lettori della Agnello Hornby siano abbastanza intelligenti da capire che la storia è frutto della sua fantasia, che nonostante sia bravissima a rievocare atmosfere e ambienti, queste vicende non riguardano tutti i siciliani.


"Mennù preparava merende squisite col poco che si trovava in tempo di guerra, panini con la frittata, cipolle e olive, sarde salate inzuppate nell'olio e limone, che poi consumavano sotto gli alberi. Nelle ore calde, se erano soli, si toglieva le spesse calze che portava estate e inverno, e andava a piedi nudi, si sdraiava sulla terra e fissava il cielo, beata. Quando tirava vento forte le si scompigliava la crocchia di capelli dietro la nuca. Allora li scioglieva, "tanto quello vince sempre", diceva, e le si gonfiavano tutti, come se fossero prigionieri nella sua pettinatura, formavano ricci larghi e folti come una criniera che le ricadeva sulle spalle. Era quasi bella."

2 commenti:

  1. Seguirò volentieri questo blog! :-)

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  2. Per me è stato bellissimo. Ci sono frasi usualmente siciliane a scapito della sintassi. Comunque divorato in 2 giorni. Da rileggere

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