sabato 16 ottobre 2010

La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

Paolo Giordano,
La solitudine dei numeri primi,
Mondadori, 2008
"La solitudine dei numeri primi" è un libro molto particolare e, come tutti i libri particolari, o lo si ama o lo si odia, ma non lascia sicuramente indifferenti: o lo si abbandona disgustati dopo le prime 20 pagine o lo si divora fino in fondo, catturati dalla complessa sensibilità dei protagonisti.
Chiarisco subito che io rientro in quest'ultima categoria: dai due stupendi incipit, di cui parlo più sotto, mi sono subito immerso nel complicato mondo interiore di Alice e Mattia, immedesimato nella loro solitudine adolescenziale, catturato dalla loro condizione di "diversi" (auto?)esclusi dalla società e infine esasperato dalla disarmante inerzia con la quale lasciano che le occasioni della vita semplicemente accadano o sfuggano loro dalle mani, senza la forza o il coraggio di indirizzarle o trattenerle...
Insomma tutta una serie di sentimenti e sensazioni anche molto constrastanti tra loro, come simili ma contrastanti sono le sensibilità di Alice e Mattia:

[Alice] "Quella sera, alzandosi da tavola, aveva superato il confine invisible oltre il quale le cose cominciano ad andare da sole"

[Mattia] "Sapeva esattamente cosa doveva fare. Doveva alzarsi e andarsi a sedere vicino a lei. Doveva sorridere, guardarla negli occhi e baciarla.[...]Fece per alzarsi, ma in qualche modo il materasso lo trattenne dov'era, come un pantano colloso."

"Gli anni del liceo erano stati una ferita aperta [...] C'erano passati attraverso in apnea, lui rifiutando il mondo e lei sentendosi rifiutata dal mondo, e si erano accorti che non faceva poi una gran differenza."

"Così lontano, così vicino" direbbe Wim Wenders.
Si dice che la storia abbia subito pesanti operazioni di editing, che il taglio incalzante e cinematografico dei capitoli (un po' alla Dan Brown oserei dire) sia stato imposto dall'editore...in effetti in molte parti si nota una costruzione della trama non naturalissima, ma attentamente studiata per catturare e trattenere l'attenzione; in fondo però il risultato è piacevolmente scorrevole e aiuta ad alleggerire l'atmosfera un po' pesante del romanzo, a spezzare un intreccio che altrimenti sarebbe molto, troppo lineare...
Invece così il romanzo risulta dinamico e coinvolgente, anche impreziosito (e non appesantito) dalle molteplici descrizioni delle sensazioni fisiche percepite dai protagonisti, descrizioni talmente crude e realistiche da uscire dal libro ed avvolgerci, facendole sentire anche a noi, nonostante non con tutte si possa immedesimarsi (anoressia, omosessualità, atti autolesionistici..)
Menzione d'onore infine per i due incipit che svelano in modo crudo e spiazzante i tragici episodi chiave della vita di Alice a Mattia: non li si legge soltanto, li si vive assieme a loro...
Da sciatore, ho amato soprattutto proprio il primo capitolo: il freddo nelle ossa, l'impiccio di sci e scarponi, il dover trattere i bisogni fisiologici stimolati dal freddo, il peso in avanti, la neve ovunque, la solitudine dell'infinito bianco canalone...


"[...] lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisible, [...] un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra"


P.S.: Se siete tra quelli a cui il libro è piaciuto, consiglio vivamente di vedere anche la versione cinematografica, la cui sceneggiatura è stata adattata dall'autore stesso. Poteva uscirne un film lento e noioso, invece, stravolgendo il continuum narrativo e introducendo un'atmosfera da thriller/horror (con musiche tratte dai film di Dario Argento!), il risultato è sorprendente: traduce perfettamente in immagini l'inquietudine interiore dei protagonisti e trasmette con piena forza il dolore e la solitudine della loro vita...da vedere!

Nessun commento:

Posta un commento