lunedì 29 novembre 2010

Buon appetito America di Laurel Evans

Laurel Evans,
Buon appetito America!,
Guido Tommasi Editore

"Buon appetito America!" è un libro di ricette? No. Secondo me è un libro di ricette, un libro di ricordi, un libro di fotografie. Molto piacevole da sfogliare, leggere, consultare.
Le ricette sono della cucina americana. 
I ricordi sono di Laurel Evans un'americana che vive in Italia e che ci racconta della sua America e della sua esperienza in Italia.
Le foto sono del marito dell'autrice, foto di piatti e di volti che raccontano un mondo simile ma diverso dal nostro.

Questo libro mi è piaciuto molto. L'ho comprato per riprodurre alcuni piatti americani mangiati durante un viaggio. Nonostante sia difficile reperire alcuni ingredienti, ho provato alcune ricette come quella per le BBQ Pork Ribs (ho anche provato a fare la BBQ Sauce) e le Buffulo Chicken Wings.
Il libro è divertente, piacevole, le ricette sono spiegate con semplicità...e ci insegna che gli americani hanno una loro tradizione culinaria che va oltre il cibo da fast-food.

Vi segnalo anche il sito dell'autrice: Un'americana in cucina..
Oltre a racconti ed eventi, nel sito l'autrice vi indica dove si possono reperire in Italia alcuni ingredienti.


martedì 26 ottobre 2010

Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

Jane Austen (1813),
Orgoglio e pregiudizio,
Oscar Classici Mondadori
Cosa posso dire di un libro entrato tra i classici della letteratura internazionale? Cosa posso aggiungere a quanto detto finora da studiosi e letterati? Provo a spiegarvi cosa è stato per me questo libro: un sogno!
L'ho divorato, presa dalla brama di sapere! Ad ogni pagina mi chiedevo: e poi, e poi?
Non mi aspettavo un libro così piacevole, sobrio, leggero e...romantico! Delizioso nel suo insieme.
Jane Austen non ci tedia con descrizioni di scene, vestiti e palazzi e il suo romanzo è in gran parte costituito da dialoghi. Il punto di vista è, nella maggior parte del libro, quello della protagonista, Elizabeth Bennet. Solo in pochi casi l'autrice è costretta a raccontarci degli eventi che Elizabeth non può sapere, per il resto è tutto centrato proprio su questo parziale punto di vista.
L'amore è raccontato con un delizioso punto di vista romantico senza essere mai stucchevole. Il brio di Elizabeth e i suoi modi anti conformisti per l'epoca, il lieto evento del finale e le vicende che si susseguono animano la storia creando nel lettore la giusta curiosità.

"E' verità universalmente riconosciuta che uno scapolo largamente provvisto di beni di fortuna debba sentire il bisogno di ammogliarsi."

Esiste un film recente di questo libro, non sono sicura di volerlo vedere, ho paura che mi rovini in qualche modo la magia del libro.

Solo un appunto devo fare e riguarda l'edizione Oscar della Mondadori, la qualità è pessima, parole sbiadite e trattini di "a capo" inesistenti in alcune pagine. Per quanto sia una versione economica, credo che il risparmio non debba essere fatto sulla quantità di inchiostro utilizzato!!

sabato 16 ottobre 2010

La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano

Paolo Giordano,
La solitudine dei numeri primi,
Mondadori, 2008
"La solitudine dei numeri primi" è un libro molto particolare e, come tutti i libri particolari, o lo si ama o lo si odia, ma non lascia sicuramente indifferenti: o lo si abbandona disgustati dopo le prime 20 pagine o lo si divora fino in fondo, catturati dalla complessa sensibilità dei protagonisti.
Chiarisco subito che io rientro in quest'ultima categoria: dai due stupendi incipit, di cui parlo più sotto, mi sono subito immerso nel complicato mondo interiore di Alice e Mattia, immedesimato nella loro solitudine adolescenziale, catturato dalla loro condizione di "diversi" (auto?)esclusi dalla società e infine esasperato dalla disarmante inerzia con la quale lasciano che le occasioni della vita semplicemente accadano o sfuggano loro dalle mani, senza la forza o il coraggio di indirizzarle o trattenerle...
Insomma tutta una serie di sentimenti e sensazioni anche molto constrastanti tra loro, come simili ma contrastanti sono le sensibilità di Alice e Mattia:

[Alice] "Quella sera, alzandosi da tavola, aveva superato il confine invisible oltre il quale le cose cominciano ad andare da sole"

[Mattia] "Sapeva esattamente cosa doveva fare. Doveva alzarsi e andarsi a sedere vicino a lei. Doveva sorridere, guardarla negli occhi e baciarla.[...]Fece per alzarsi, ma in qualche modo il materasso lo trattenne dov'era, come un pantano colloso."

"Gli anni del liceo erano stati una ferita aperta [...] C'erano passati attraverso in apnea, lui rifiutando il mondo e lei sentendosi rifiutata dal mondo, e si erano accorti che non faceva poi una gran differenza."

"Così lontano, così vicino" direbbe Wim Wenders.
Si dice che la storia abbia subito pesanti operazioni di editing, che il taglio incalzante e cinematografico dei capitoli (un po' alla Dan Brown oserei dire) sia stato imposto dall'editore...in effetti in molte parti si nota una costruzione della trama non naturalissima, ma attentamente studiata per catturare e trattenere l'attenzione; in fondo però il risultato è piacevolmente scorrevole e aiuta ad alleggerire l'atmosfera un po' pesante del romanzo, a spezzare un intreccio che altrimenti sarebbe molto, troppo lineare...
Invece così il romanzo risulta dinamico e coinvolgente, anche impreziosito (e non appesantito) dalle molteplici descrizioni delle sensazioni fisiche percepite dai protagonisti, descrizioni talmente crude e realistiche da uscire dal libro ed avvolgerci, facendole sentire anche a noi, nonostante non con tutte si possa immedesimarsi (anoressia, omosessualità, atti autolesionistici..)
Menzione d'onore infine per i due incipit che svelano in modo crudo e spiazzante i tragici episodi chiave della vita di Alice a Mattia: non li si legge soltanto, li si vive assieme a loro...
Da sciatore, ho amato soprattutto proprio il primo capitolo: il freddo nelle ossa, l'impiccio di sci e scarponi, il dover trattere i bisogni fisiologici stimolati dal freddo, il peso in avanti, la neve ovunque, la solitudine dell'infinito bianco canalone...


"[...] lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisible, [...] un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l'uno nell'altra"


P.S.: Se siete tra quelli a cui il libro è piaciuto, consiglio vivamente di vedere anche la versione cinematografica, la cui sceneggiatura è stata adattata dall'autore stesso. Poteva uscirne un film lento e noioso, invece, stravolgendo il continuum narrativo e introducendo un'atmosfera da thriller/horror (con musiche tratte dai film di Dario Argento!), il risultato è sorprendente: traduce perfettamente in immagini l'inquietudine interiore dei protagonisti e trasmette con piena forza il dolore e la solitudine della loro vita...da vedere!

mercoledì 29 settembre 2010

La Mennulara di Simonetta Agnello Hornby

Simonetta Agnello Hornby,
La mennulara,
Feltrinelli Editore, 2002
Non so dirvi quali aspettative avessi riguardo a questo libro, forse ero incuriosita dalla promessa di una storia della Sicilia degli anni '60 del Novecento.
Sono un po' in difficoltà a parlarvi oggi di questo libro.

Il libro racconta le vicende, di una cittadina chiamata Roccacolomba, scatenate dalla morte della Mennulara al secolo Maria Rosaria Inzerillo, domestica della famiglia Alfallipe.
Ok, la trama è molto più succulenta di queste mie poche righe, ma davvero è un peccato rovinarvi la lettura del libro raccontandovi altro. Già la quarta di copertina, a mio avviso, dice fin troppo e crea nel lettore delle aspettative fuorvianti, ad esempio rispetto alla questione mafia. Ma non voglio dire di più.

Lo stile del libro è investigativo-poliziesco, pur non essendoci nessuno che indaga. Il lettore si trova di fronte alle varie "versioni", i vari punti di vista dei cittadini del paese. Essi si raccontano quello che sanno della Mennulara e delle sue vicende.
Chi era davvero la Mennulara? Era donna ricca o povera? Donna fedele alla famiglia Alfallipe o una ladra? Donna di malaffare o donna di sani principi? Queste domande vi accompagneranno per buona parte della lettura.

Nonostante il libro in sé sia molto bello, appassionante, ci sono state delle scelte dell'autrice che non ho capito e neanche apprezzato. 

Il libro sembra diviso in due parti. 
Nella prima parte il lettore è frustrato da questa ricerca di risposte alle sue domande. Non amo molto i libri che non portano da nessuna parte e a questo punto ero quasi sicura che l'autrice non mi avrebbe detto nulla del personaggio, che la verità l'avrei dovuta dedurre io. Qui il libro è molto schematico e...studiato. La costruzione dei paragrafi, il susseguirsi della storia sono impeccabili ma...frustranti.
Si, non ho altri termini per definire la prima parte: frustrante, come una madre che priva il figlio del cibo.

Nella seconda parte del libro (ricordo che la mia divisione è fittizia, il libro non presenta una prima parte e una seconda parte) l'autrice cambia, comincia a coccolare il suo lettore e a svelare dettagli più piccanti sulla vita della Mennulara. Piano piano tutte le nostre domande hanno una risposta...fin troppo!!
Non sono facile da accontentare lo so. Non mi piace non avere la mimina informazione dall'autore, ma vorrei anche poter chiudere il libro e continuare a sommare da sola le informazioni che mi ha dato. Niente, qui l'autrice spiega per filo e per segno quello che è avvenuto in quegli anni. Certo, anch'io ho letto tutto d'un fiato, anch'io volevo sapere...ma proprio tutto tutto...magari no.
In questa parte del libro definirei l'autrice come una mamma che culla il suo bimbo. 
L'autrice di prende per mano e ti mostra i fatti.

Nonostante tutto, anche se scontenta, avevo fatto pace con l'autrice, mi ero rasserenata e la frustrazione mi aveva abbandonata. Fino a quando sono arrivata alla penultima pagina del libro prima dell'epilogo:

Padre Arena lasciò Palazzo Fatta nel pomeriggio e se ne andò dritto dritto a casa Mendicò, prima di prendere la corriera per tornarsene in campagna. Il dottore stava leggendo il giornale, seduto in salotto con la sorella.
"Devo soltanto darle una risposta breve, dottore," disse padre Arena, rifiutando l'invito a sedersi con loro per un caffè, "lei il mese scorso mi ha fatto una domanda difficile, a cui non ho saputo rispondere. Ora lo so, la risposta è sì."

Sgomento!! Dato che la storia si evolve in un mese, la domanda è stata fatta all'inizio del libro. E secondo l'autrice io dovrei ricordarmela? Ecco, questo mi è sembrato un tiro mancino verso il lettore. No, non ce lo meritiamo!! Ho provato a scorrere i primi capitoli alla ricerca della domanda, ma nervosa non l'ho trovata e a questo punto non voglio più cercarla.
Questo libro mi ha lasciato l'amaro in bocca, l'autrice mi ha lasciato l'amaro in bocca.

Per il resto cosa dire?
Mi ha fatto sorridere la scelta del nome del paese: Roccacolomba. In Sicilia esiste un paese di nome Roccapalumba (in dialetto Roccapalumma). Il termine "palumma" corrisponde all'italianizzato "colomba" per intendere i piccioni.

Per quanto riguarda la storia di cui veniamo a conoscenza, mi auguro che i lettori della Agnello Hornby siano abbastanza intelligenti da capire che la storia è frutto della sua fantasia, che nonostante sia bravissima a rievocare atmosfere e ambienti, queste vicende non riguardano tutti i siciliani.


"Mennù preparava merende squisite col poco che si trovava in tempo di guerra, panini con la frittata, cipolle e olive, sarde salate inzuppate nell'olio e limone, che poi consumavano sotto gli alberi. Nelle ore calde, se erano soli, si toglieva le spesse calze che portava estate e inverno, e andava a piedi nudi, si sdraiava sulla terra e fissava il cielo, beata. Quando tirava vento forte le si scompigliava la crocchia di capelli dietro la nuca. Allora li scioglieva, "tanto quello vince sempre", diceva, e le si gonfiavano tutti, come se fossero prigionieri nella sua pettinatura, formavano ricci larghi e folti come una criniera che le ricadeva sulle spalle. Era quasi bella."

domenica 12 settembre 2010

Le tre bare di John Dickson Carr

John Dickson Carr (1935),
Le tre bare,
Mondadori, 1988
"Le tre bare" è un classico romanzo giallo che ho recuperato sul mercato online dell'usato, non senza qualche difficoltà, in quanto non è più in ristampa da parecchi anni. E' perciò considerato un romanzo di nicchia, se paragonato ai classici di Agatha Christie, ma è anche molto ricercato per essere il capolavoro dell'autore e il summit della sua opera sugli "enigmi della camera chiusa": contiene infatti un capitolo interamente dedicato a tutti i possibili metodi dell'epoca per architettare un delitto in una camera che risulti chiusa dall'interno.

Durante una serata nevosa, un uomo viene ucciso nel suo studio, mentre in casa sono presenti svariate persone, che vedono entrare uno sconosciuto ma, dopo aver sentito uno sparo, non vedono uscire nessuno... inutile dire che la stanza viene trovata chiusa dall'interno, con solo la vittima agonizzante e nessuna impronta viene trovata nella neve intorno alla casa...
Inizia qui la complicata trama del romanzo, che porta il brillante dottor Gideon Fell (l'alter ego di Poirot) a scavare nel passato della vittima, tramite le deposizioni dei vari familiari e testimoni, scoprendo vecchie vicende di carceri e bare nell'antica Transilvania...

Purtroppo però c'è qualcosa che non va nell'intricato meccanismo narrativo dell'autore: troppi personaggi non hanno alcuno spessore, ma sembrano solo tratteggiati, come figurine sulla scena del delitto; il dipanarsi della trama non è molto lineare e costringe chi legge a continui "ripassi" delle scene precendenti, per recuperare qualche indizio perso nelle lunghe spiegazioni e deposizioni; le stesse spiegazioni (compreso il suddetto capitolo) sembrano più una compiaciuta auto-celebrazione dello scrittore che non un espediente narrativo per coinvolgere maggiormente il lettore nell'indagine in corso...ne risulta che il racconto procede a singhiozzi e chi legge è solo inizialmente stuzzicato dall'incedere della trama, ma poi fa davvero fatica a seguire le elaborate teorie della "camera chiusa", gli eureka di Fell e la macchinosa soluzione finale.

In definitiva..un ottimo ingranaggio giallo, un vero "bigino" della sua categoria, ma sicuramente un romanzo freddino, piatto, poco scorrevole...Agatha Christie è onestamente su un altro pianeta...

mercoledì 8 settembre 2010

Palermo è una cipolla di Roberto Alajmo

Roberto Alajmo,
Palermo è una cipolla,
Laterza
Sono contenta di aver dato una seconda possibilità allo scrittore Roberto Alajmo ma soprattutto di aver deciso di leggere questo suo libro.
L'autore si rivolge ad un ipotetico viaggiatore che raggiunge Palermo per la prima volta. Con un'amara ironia parla dei fatti che hanno interessato la Città (come lui la chiama) ma soprattutto i suoi abitanti. E di questi abitanti ne riesce a cogliere e descrivere i vizi più segreti...e anche qualche virtù.
"Bisogna farsi dare un posto dal lato del finestrino e sperare di arrivare in una giornata limpida e soleggiata. Ce ne sono anche d'inverno, perchè in ogni stagione la Città ci tiene a fare sempre la sua figura. Quando l'aereo comincia ad abbassarsi, dal finestrino appaiono le scogliere rosse di Terrasini, e il mare color turchese e blu senza che si possa dire dove finisce il blu e dove comincia il turchese. [...] Tu osservi tutto questo e pensi di essere arrivato nel posto più bello del mondo. [...]
Guardando dal finestrino hai il tempo di formulare pensieri del genere, di struggerti di fronte a tanta bellezza, persino di riflettere sull'ipotesi di mollare tutto - lavoro, famiglia, radici - per venire a vivere da queste parti. E quando ormai la tua testa si è scaldata all'idea di un'estate perenne, ecco che subito arriva un contrordine. Arriva sempre dal finestrino, perchè mentre hai ancora gli occhi pieni di luce e mare, ecco che ti si para davanti una montagna. Un'enorme montagna grigia su cui l'aereo sembra destinato a schiantarsi da un momento all'altro.
L'aeroporto di Punta Raisi è costruito su una stretta lingua di terra che separa il mare dalla montagna; [...] L'aeroporto della Città è fatto così. La Città è fatta così. Tu, viaggiatore, queste cose prima di partire le sapevi, ma le avevi dimenticate di fronte all'accecante bellezza del paesaggio. Adesso magari ti fai prendere da una leggera forma di panico, perchè la montagna si avvicina, e si avvicina in maniera preoccupante. ma puoi stare tranquillo, alla fine non succederà niente perchè i piloti ormai sono bravi a infilarsi esattamente nella striscia di terra praticabile fra mare e montagna, e nel susseguente sollievo avrai modo di riflettere sul fatto che la Città ha provveduto ad evvertirti subito: non credere che le cose da queste parti siano sempre come appaiono a prima vista."

lunedì 30 agosto 2010

Nodi di R. D. Laing

R. D. Laing (1970),
Nodi,
Einaudi, 2004

"Nodi" è un groviglio di pensieri, di immagini, di meccanismi che Laing scompone ed evidenzia con maestria. I temi trattati sono principalmente i rapporti interpersonali e i pensieri che ne scaturiscono. Un testo che mi ha dato molto, che tengo sempre sottomano e che mi piace sfogliare di tanto in tanto.

R. D. Laing (1927- 1989) è considerato un maestro dell'antipsichiatria, non ne condivise  però le idee più estreme e continuò a definirsi uno psichiatra.


Mai come in questo caso la citazione è d'obbligo:


"Stanno giocando a un gioco.Stanno giocando a non 
giocare a un gioco. Se mostro loro che li vedo giocare,
infrangerò le regole e mi puniranno.
Devo giocare al loro gioco, di non vedere che vedo il gioco.".

E ancora:


"lo voglio
l'ottengo
quindi sono bravo

lo voglio
non l'ottengo
quindi non sono bravo

non sono bravo
                       perché non l'ho ottenuto

non sono bravo
                       perché ho voluto ciò che non ho ottenuto

devo badare
                      di ottenere ciò che voglio
                     e di volere ciò che ottengo
       e di non ottenere ciò che non voglio".

domenica 29 agosto 2010

Dieci piccoli indiani di Agatha Christie

Agatha Christie (1939, 1940),
Dieci piccoli indiani,
Mondadori, 2009
La trama fa ormai parte dell'immaginario collettivo: dieci estranei vengono attirati su un'isola privata da cui non possono fuggire. Uno dopo l'altro vengono uccisi da un misterioso assassino, seguendo le strofe di un' ossessiva filastrocca, fino all'ultimo sopravvissuto che si impicca per la disperazione, lasciando l'isola deserta e completando così alla perfezione il maggior "enigma della camera chiusa" della letterattura gialla.

Rispetto agli altri libri di successo dell'autrice, in "Dieci piccoli indiani" non c'è nessun investigatore ad aiutare il lettore a risolvere il caso, nessuna Miss Marple a cui aggrapparsi nei momenti bui, nessun Poirot dal quale farsi spiegare con un certo sollievo il come e il perchè del delitto...niente di niente!
Il povero lettore è abbandonato a sè stesso: incapace di trovare una spiegazione razionale alla situazione impossibile che si delinea, assiste come spettatore impotente al diabolico climax di omicidi che gli viene presentato e aspetta un qualche minimo indizio che non gli viene mai concesso...e quando alla fine arriva quasi a giustificare tutti i decessi, in virtù di una "giustizia divina" che punisce i colpevoli di vecchi reati, ecco il sospirato poscritto finale, che riporta un raggio di luce su "Nigger Island" e svela finalmente la soluzione del rompicapo insolubile...

Ancora una volta Agatha Christie ce l'ha fatta sotto il naso...anzi, ci ha proprio irriso, perchè non c'è nulla di soprannaturale nella storia...il colpevole c'è e non può che essere uno dei dieci...siamo noi che non siamo capaci di vederlo...!!

Con tutto ciò, stupisce forse che "Dieci piccoli indiani" sia il maggior capolavoro di Agatha Christie e, dati alla mano, il libro giallo più venduto in assoluto??

"...and then there were none." ["e nessuno ne restò."]

sabato 28 agosto 2010

Il club Dumas di Arturo Pérez-Reverte

Arturo Pérez-Reverte (1993),
Il Club Dumas,
Il Saggiatore, 2009
Incuriosito dal film "La Nona Porta" di Polanski, recupero il libro ispiratore, il quale, prima sorpresa, porta il nome del famoso scrittore francese, autore de "I tre moschettieri".
La trama cinematografica del cacciatore di libri alla ricerca di un antico testo maledetto con cui poter invocare il diavolo ("Le Nove Porte del Regno delle Ombre" appunto) è stata infatti estrapolata da un contesto più ampio e ricco di citazioni, in cui l'autore del romanzo l'aveva collocata.
In effetti "Il club Dumas" è un lungo, grande omaggio ad Alexandre Dumas e al suo più famoso romanzo d'appendice e tutti i personaggi (il lupo solitario Lucas Corso, i predatori di libri Boris Balkan e Varjo Boria, la vedova-femme fatale Taillefer, il sicario sfigurato) sono pedine mosse su un percorso obbligato ricostruito sulla trama de "I tre moschettieri".

Ma, e qui sta la vera peculiarità del libro rispetto al film, Pérez-Reverte si diverte (e ci diverte) a rimescolare le carte: rende coscienti i personaggi del "gioco Dumas" a cui li fa forzatamente partecipare; dichiara all'inizio la tecnica del "narratore inattendibile", citando il più famoso esempio del genere ("L'assassinio di Roger Ackroyd" di Agatha Christie), salvo poi confondere il lettore mescolando continuamente i filoni investigativi seguiti da Corso (l'indagine "Dumas" e la ricerca de "Le Nove Porte"); inserisce anche rimandi alla vita sentimentale passata del protagonista e ai motivi della sua misogina solitudine...

Forse un po' troppe carte sul tavolo...(e questo spiega perchè il film ne abbia eliminate parecchie)...ma in definitiva ci si immerge volentieri nell'atmosfera di "caRTa e spada" del libro e, mentre si cercano gli indizi "demoniaci" nelle suggestive tavole illustrate estratte dal testo maledetto, sembra quasi di toccare le rilegature di pelle di capra o di pecora e di sentire l'odore della carta provenire dagli antichi volumi...

"...carta di tela o di lino. Buona carta fatta con stracci, resistente al tempo e alla stupidità umana. [...] Niente a che vedere con le cellulose di oggigiorno!"

giovedì 26 agosto 2010

Memorie d'una ragazza perbene di Simone de Beauvoir

Simone de Beauvoir (1944)
Memorie d'una ragazza perbene,
Einaudi, 2005
Memorie d'una ragazza perbene, prima parte dell'autobiografia di Simone de Beauvoir. Un testo che m'ha dato un po' di filo da torcere, uno di quei libri che non scorrono freschi come l'acqua. L'ho trascinato per tanto, troppo tempo ma l'ho apprezzato soprattutto alla fine. La trama delle ultime pagine è costruita infatti con maestria. Ho avuto bisogno di fermare tutto dopo aver chiuso il libro. In quel momento esatto, osservando la quarta di copertina, Simone mi è entrata nel cuore.

Di cosa parla il libro? E' la storia dei primi venti anni di vita dell'autrice, un susseguirsi non solo di fatti ma soprattutto di pensieri. E' infatti la storia dell'evoluzione di un pensiero, di una mente in formazione. L'autrice riesce a ricostruire i passi che l'hanno portata ad essere la donna che poi fu. Simone accompagna il lettore in un percorso di riflessione su temi molto significativi come quello della maternità, del matrimonio. Un testo forse molto fermo in alcuni passaggi, ma affascinante, come affascinante deve essere stata questa donna che ebbe la forza e il coraggio di andare oltre quello che la società si aspettava da lei.

Simone de Beauvoir, nata 1908 e morta nel 1986, è stata insegnate, scrittrice e filosofa francese ricordata soprattutto per il suo contributo al pensiero femminista.

"Sono nata il 9 gennaio 1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati in bianco che dava sul boulevard Raspail."